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acquisti, affari, arrivarci, dubbi, inglesi, lana, libri, mascherina, positive thinking, presa in giro, psicoterapia, pulsioni, smart working, spese di spedizione, svolta, vendite
• I compratori hanno un fiuto eccezionale per gli affari.
Per testare la riuscita di un’offerta bisogna metterla alla prova, non con i geniacci del marketing e della finanza, no, ma con un gruppo di compratori medi. Su Etsy, io che non sono un esperta di marketing ne’ di finanza, trovo spesso clienti che comprano articoli i cui costi di spedizione (calcolati da me, poi) sono un affare (per loro). Una volta effettuata una vendita -che già è un evento insolito -, hai voglia ad andare a cercare il cliente per dirgli “no guarda, spedirti la merce mi costa metà di quello che hai pagato”, chi ha la faccia di farlo?
E così questa settimana ho fatto una vendita che mi sarebbe convenuto inventarmi una scusa e procedere a un rimborso piuttosto che concludere la transazione -come ho ovviamente fatto; praticamente ho fatto beneficenza a chi non ne ha bisogno. Poi una si chiede perché non si senta tagliata per questo mondo…
• Gli inglesi ci mettono un po’, ma poi ci arrivano -in questo senso, ho una certa affinità con questo popolo.
Ci sono solo voluti circa 4 mesi (prendendo come altro riferimento l’Italia) perché gli inglesi rendessero obbligatorie le mascherine nei negozi. Considerando che questo poteva succedere ancora dopo, o non succedere proprio, non posso manco lamentarmi.
• Una volta che si iniziano a spendere soldi è difficile smettere.
Il lockdown è stato un periodo di risparmio che non si ripeterà più in vita mia.
Comunque durante il lockdown avevo quasi il senso di colpa di non aiutare l’economia e di pesare alla società rimanendo in cassa integrazione. Finito il lockdown ho il senso di colpa di non avere più riguardo per i risparmi messi da parte -quando si dice “viversela bene”.
• Ci sono pulsioni che non si superano, come l’acquisto di libri e l’acquisto di gomitoli di lana.
L’acquisto di libri non produce quasi mai rimpianti, soprattutto se comprati a buon prezzo e di seconda mano -quelli che compro nuovi sono per regalo, già mi piacciono, e non me ne pento comunque. Succede poi, raramente, di comprare quel libro che no, proprio no, ma se già non ci si è speso tanto, rimane comunque il diritto di criticarlo senza pietà -non so voi anime pie, ma criticare è una grande valvola di sfogo per me. Non so come fanno quelli che non fanno mai una critica, mai una stroncatura… Cioè, quanti corpi hanno nascosti nel freezer in cantina? Come sfogano la rabbia -o anche solo il fatto di essere umani?
Per quanto riguarda i gomitoli di lana… È vero che compro più libri che lana, eppure, quando vedo dei gomitoli in offerta, ci casco sempre, senza via di uscita. Gli appassionati dei lavori ai ferri e all’uncinetto sanno benissimo che prima si sceglie un progetto e poi si compra il filato adatto. Financo io sono al corrente di questo processo logico, solo che appena vedo dei gomitoli scontati mi scordo pure come mi chiamo. E quindi ora ho dei gomitoli di bellissima lana tweed color ruggine, scontata al 50% e non so cosa farci -è troppa per alcuni progetti e troppo poca per altri. So che non comprandola avrei risparmiato soldi (Dio non voglia!) e che ora non avrei l’ansia incalzante di dover trovare qualcosa da farci. Aridatemi i libri!
• I cambiamenti in corso mi appaiono sempre di più come una enorme presa in giro.
Più sento parlare dei benefici dello smart working, più mi sembra di essere al centro di una beffa a livello mondiale. Nonostante ci sia una fascia di lavoratori a cui lavorare da casa va bene (sì, c’è sempre quel qualcuno), lo smart working conviene enormemente, ma senza dubbio, ai datori di lavoro -almeno in determinati settori lavorativi. Quindi, per onestà intellettuale e civile, non ce la raccontiamo. Per favore, siamo degli adulti che hanno una faccia e una responsabilità (anche solo verso se stessi), questa è una presa in giro.
• Ho qualche problema con la psicoterapia.
Sono piuttosto sicura che le mie aspettative sulla stessa dipendano da come film e libri l’abbiano erroneamente presentata -un po’ come si sono generate tutte le mie aspettattive, e sì, sono pronta a fare causa all’industria dell’intrattenimento.
Ecco, sono tornata ad affrontare un percorso di terapia perché la mia mente in quarantena e nel corso di una pandemia ha ceduto, come nel caso di molte altre persone. Quindi sono tornata in terapia, e quando succede (corsi e ricorsi storici proprio), è sempre con un nuovo terapeuta -un giorno scriverò un post sugli specialisti che ho incontrato in questo percorso. E così come applico la mia tendenza al dubbio a qualsiasi ambito della mia vita, anche la psicoterapia non riesce a sfuggirvi. Non è che poi si riduce tutto a una chiacchiera costosa? Non è che poi tutto si risolve in positive thinking? Non sarà che pagare una parcella per una chiacchiera aiuta a far sentire meglio il paziente e a motivarsi a stare meglio più del contenuto di ciò che viene detto durante la seduta? Non è che mi sto dilettando in un passatempo per persone più danarose di me? Non è che questi soldi potrei investirli in spese che contribuiscono a farmi sentire appagata risparmiandomi lo scombussolamento interiore che ogni seduta mi lascia? Non è che mi sto illudendo? Non sarà che tutti soffrono ma sono più capaci di far fronte alla vita? Non sarà che devo semplicemente accettare il mio malessere e basta?
• Se i dubbi si potessero vendere, io avrei svoltato.