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abitudini, argomenti, blog, cose apprese, delirio, ferite, Hurt Locker, inglese, KonMari, lockdown, mente annoiata, oscar, ossessione, passato, paura, raziocinio, scrivere, sintesi, tormento, tortura, tristezza, vuoto
foto dalla rete
• Mi è tornata la voglia di scrivere, credo. Poi, tra questo desiderio e l’avere qualcosa da dire ce ne passa – la costanza, poi, è un’altra storia ancora. Spero solo che l’esercizio della scrittura faccia magicamente apparire degli argomenti -tanto, qualora non si fosse capito, non sono troppo selettiva.
• L’idea dei post ‘di cose apprese’ è stato un lampo di genio: mi permette di scrivere un po’ di tutto e di avere un appuntamento settimanale. Potrebbe essere l’unico lampo di genio della mia vita ed è per questo che non simulerò nemmeno finta modestia.
• The Hurt Locker ha vinto 6 oscar. Quanto doveva essere triste la produzione cinematografica di quell’anno?
• In lockdown inoltrato -e, al momento in cui scrivo, non ancora sollevato in UK -, la mia mente annoiata ha deciso di farmi rivivere tutti i momenti più imbarazzanti degli ultimi 150 anni (sarebbero 33, ma l’intensità dell’imbarazzo li fa sembrare molti di più). Non ci è voluto molto perché questa tortura si concentrassse su un periodo ristretto (ma con conseguenze, e atteggiamenti, trascinati a lungo) e in un luogo determinato, ma soprattutto su una certa persona. Quindi giù di fustigazioni mentali debilitanti e daje di mazzate emotive, denigranti e, già che ci siamo, ossessive -perchè repetita iuvant, soprattutto quando ci si fa del male. La mia mente ha quindi pensato bene di ritornare su delle ferite passate e riaprirne le cicatrici per vedere un po’ l’effetto che fa. Mmm, vediamo cosa succede se su questa ferita ci mettiamo un po’ di sale… Uh, sì, il sale brucia, il sale fa male. Il sale ci piace! Mmm, vediamo un po’ cosa succede se su questa ferita ci si mette dell’alcol… -Eppure sale e alcol non sono esempi del tutto calzanti perché hanno proprietà disinfettanti fin troppo benefiche; diciamo che sulle ferite ho provato a strofinarci sabbia e lana di ferro -sì, potete dare la colpa della vividezza delle mie immagini al lockdown.
Ci è voluto un po’ perché il mio raziocinio (hello stranger!), mi prendesse per il braccio e mi facesse fare un passo indietro per avere una visuale migliore della carnefici… del delir… Ehm, dei processi in corso. Una mente annoiata è (almeno nel mio caso) una mente che ritorna a dilettarsi in processi – autodistruttivi – a cui si è dedicata in passato. Forse lo fa per cercare una soluzione – anche senza volerla per forza trovare. Forse lo fa per tenersi occupata – e dedicarsi alle vecchie abitudini (o ricadere in esse, sono punti di vista) è probabilmente un istinto naturale. Forse c’è una spiegazione chimica – io sono una fanatica della chimica, pur non capendoci una ceppa: forse certi processi mentali stimolano il corpo a produrre una determinata sostanza o forse certi processi mentali sono innescati dalla carenza di qualche sostanza (more likely) – tipo la vitamina D che in UK è un po’ una creatura mitologica, figurati durante il lockdown. O forse la mia mente è, semplicemente, una stronza. Quindi, dato che stimo il mio raziocinio quanto un amico saggio ma un po’ noioso (e nonostante sospetti che la mia mente sia davvero una stronza), ogni tanto mi libero dalla sua presa sul braccio e mi faccio di nuovo assorbire dal mio tormento inutile. Perché? Perché ho paura del vuoto che mi lascerebbe se lo dovessi lasciar andare.
• Un diario o un blog, possono rivelarsi, nel tempo, più utili di quanto si pensasse.
Rileggendo alcuni post di anni fa, ho notato quanto fossi ripetitiva (succede quando si ha il cuore e l’autostima a brandelli), ma ho notato anche altro. Ho, per esempio, apprezzato la mia politica del non lasciarmi (troppo) andare alla tristezza, allo sconforto emotivo e a post sentimentali. Sì, ancora ci credo che non ho scritto troppi post deprimenti, fate finta di crederci anche voi, thank you. Rileggermi e trovarmi pulled together – quando ricordo quanto fossi scoraggiata e delusa – è stato un sollievo, anche rispetto al delirio a cui continuo ad abbandonarmi ora. Rileggere dei post, mi ha fatto tornare indietro e vedere me stessa con occhi diversi e considerarmi con un po’ più di stima (parolone!).
Tuttavia, non so quanto del mio lavoro (per non sbriciolarmi sotto il peso degli eventi e della mia incapacità a gestirli) abbia contribuito a dare un’immagine positiva di me agli altri -alle persone che mi stavano attorno tutti i giorni. C’è chi dice che dell’opinione degli altri non bisogni curarsi poi troppo, forse un giorno ci riuscirò anche io.
• La mia convinzione di non essermi lasciata andare a troppi contributi lacrimevoli nel blog è un indizio del livello di tristezza e di sentimentalismo senza recupero che spadroneggiano nel mio mondo interiore. Insomma, se pensate che quello che ho scritto è triste, non avete idea del buio che mi scende dentro, a volte.
• Mi piaccio di più quando scrivo. Scrivere è come KonMari per il mio mondo interiore. È vero che poi alla fine non butto via nulla (vedi la paura del vuoto di cui sopra), ma dopo aver scritto mi sento più in ordine, divento più vivibile a me stessa.
• La mia tendenza a usare (a droppare) parole inglesi non se ne andrà facilmente – per la verità non sto nemmeno facendo nulla in proposito. Semplicemente mi piace scrivere usando le prime espressioni che mi vengono in mente, o quelle che sembrano più calzanti nella mia mente,
• Apprezzo la capacità di sintesi negli altri, salvo poi non esserne capace io.