• Una delle cose che si imparano vivendo al nord è quella di apprezzare e sfruttare al massimo una bella giornata. E possiamo anche dedicare tempo a definire cosa sia una bella giornata: a volte è splendida con tanto di cielo terso – true story, anche qui! -a volte è semplicemente una giornata senza pioggia o vento -a volte è anche solo un po’ di drizzle che ti permette di continuare con la tua giornata senza bagnarti troppo. I know, perspective.
Un’altra delle cose che devo comunque ancora imparare è di accettare quando una bella giornata è arrivata alla fine. Ci sono volte che si esce per una passeggiata o una birretta all’aperto e poi… Poi non mi va più di tornare a casa. C’è da dire che questo problema lo avevo anche più a sud. Mi ricordo perfettamente come, a Valencia, allungassi certe giornate fino alle 4 di notte finché ok, mo basta, let’s call it a day -e poi avevo all’incirca un’ora da percorrere a piedi per tornare a casa e sfinirmi definitivamente.
• Mi sembra di capire che la moda inevitabile del 2020 sia la mascherina indossata sotto al naso -della serie: guardatemi, sono un ribelle, la mascherina la porto, ma non mi avrete mai!
A ogni anno la sua moda cretina, inutile, pericolosa, incosciente, idiota…
• All’inizio di ogni nuovo grande progetto all’uncinetto mi viene quell’entusiasmo misto ad ansia misto a leggera ossessione misto a “a comprarlo già fatto, mi costava meno tempo e soldi” -no, ma bene.
• Jonathan Franzen è uno dei miei ideali compagni di chiacchiere disilluse da bancone del bar.
Quando leggo le analisi dei suoi personaggi e come si relazionano con gli altri mi viene da battere il palmo della mano sul tavolo ed esclamare a voce alta “Era ora! Qualcuno doveva dirlo!”
• Le recensioni su Goodreads sono uno spaccato sulla profonda intolleranza dell’essere umano. Avete presente l’idea secondo cui chi legge è una persona più migliore degli altri? Più sensibile, più acuta, più aperta, più eclettica… Permettetemi di dire che era una strategia adottata dai nostri insegnanti e dai nostri genitori per fare leva sul nostro narcisismo per farci leggere, n’è vero niente!
Puoi leggere tutti i libri, puoi convertiti a qualsiasi religione, puoi fare tutta la terapia che vuoi, puoi pure mangiare solo grani antichi che hanno scelto di sacrificarsi di propria volontà -con tanto di testamento scritto e firmato-, il dedicarsi a certe attività non rende migliore proprio nessuno. È però vero -secondo me -, che credere di essere migliore o sentirsi in diritto svela molto di sé agli altri.
Ok, scusate se divago. Dicevo, parte delle recensioni che leggo su Goodreads criticano i romanzi per il gusto di farlo. Un romanzo viene criticato perché non corrispondeva alle aspettative o all’idea che se ne era fatto il lettore -“Oh, Wild è una autobiografia non un manuale sulla Pacific Crest Trail” …Duh!? Un altro romanzo, invece, crea stereotipi sulla comunità da cui viene lo stesso autore -cioè, stai cercando di spiegare come Amy Tan sbagli a descrivere i cinesi o gli americani che vengono da famiglie cinesi emigrate? Veramente fai? Altri sono criticati per avere un’opinione, altri per la propria capacità descrittiva (essere criticata per una capacità è il mio sogno nel cassetto), altri perché covano troppo risentimento nel parlare del trauma che ha segnato la loro vita -ma uno ne avrà il diritto?! Nelle autobiografie gli utenti si concentrano su quanto l’autore sia self-centered (è un’autobiografia, di chi dovrebbe parlare l’autore?!), insensibile e superficiale (Se era infelice, perché non ha cambiato lavoro? Perché non ha divorziato? Perchè non…). Trovo che queste recensioni rivelino molto di più sui critici piuttosto che sui libri o gli autori -così come questo post rivela molto sulla mia di intolleranza.