foto dalla rete
•Certi bambini “timidi” hanno solo un brutto carattere.
E non vi dico la fatica per formulare in modo civile questa frase -ho molti sinonimi volgari per “brutto”… Vi ho già parlato della mia tendenza al turpiloquio?
•L’acquisto dell’usato crea dipendenza.
Non sono nemmeno riuscita a festeggiare il superamento (almeno momentaneo) dell’acquisto compulsivo ai mercatini dell’abbigliamento -ho più di metà del guardaroba di seconda, terza e forse anche quarta mano -che già mi ritrovo nel tunnel dei libri usati : ( Il prossimo passo?
•La frequentazione di amici fidanzati dipende dalla lontananza che separa i due componenti della coppia. In parole spicce: più la fidanzata (o fidanzato) è fisicamente distante, più l’amico ti cerca per uscire.
Riconosco che è normale che sia così, tutti abbiamo voglia e bisogno di dedicare tempo a chi vogliamo bene e lo si fa stabilendo delle priorità. Eppure passare dal frequentarsi settimanalmente allo sparire del tutto, forse sono ipersensibile io, ma mi sembra un po’ radicale.
E comunque, stare, da sempre, dalla stessa parte della barricata è alquanto estenuante; venire chiamata quando non c’è di meglio, essere cercata quando il partner è fuori dal paese… Insomma, sono un’amica, mica un’amante! -e nemmeno una tappabuchi.
•Gli arpeggi di chitarra mi fanno venire i brividi.
Con un coinquilino che suona la chitarra non vi dico il tempo che butto in preda agli stessi -.-
•Quando la gente parla di qualcosa che le piace, si illumina e diventa anche più bella.
•Inizio a sentire che, in certi ambiti, mi capita di essere trattata come non voglio che mi si tratti.
Non escludo che forse sto covando qualche mania di persecuzione e che il mio ego abbia perso l’autocontrollo, ma mi accorgo di ascoltare, a volte, dei consigli o delle considerazioni da gente affabile (ma che non può dire di conoscermi) che alla fine mi sembrano ingiusti. Insomma, sento che non merito certe conclusioni sulla mia persona.
Per quanto si debba ignorare il giudizio degli altri perché è mosso da troppi fattori (e l’interessamento è tra i più rari), davvero non riesco a comunicare agli altri la persona che sono? Anche se so che passerò per un’egocentrica presuntuosa senza soluzione di ritorno, a volte non riesco a frenarmi dal pensare: “ma davvero merito così poco?”. Cioè, non è che non abbia problemi relazionali, e non sostengo di essere la vittima eletta di questo mondo crudele, ma posso credere che questa incongruenza tra quello che do e che sento di ricevere sia dovuta a un problema di comunicazione? O sto facendo la paracula?
•Il miglio ha un leggero retrogusto amaro.
O forse non l’ho lavato bene -se però l’argomento proprio non vi darà pace, vi terrò aggiornati al secondo assaggio. All’inizio di una dieta sulle intolleranze alimentari, l’eliminazione del frumento (sigh) e del latte (sniff) mi ha fatto virare su alimenti da… Come dire? Piccioni.
E i piccioni, si sa (oddio, non sarà proprio scientificamente provato, ma lo deduco), non sono dei gourmets: che voce in capitolo può avere un essere che si ciba delle briciole dei clienti del McDonald?
Appunto.
•Le diete generano un’ossessione per il cibo.
Nel mio primo giorno libero dalla dieta, ho mangiato come se non ci fosse un domani e, va bene che non è una dieta dimagrante, ma forse rispettare un po’ di più le effettive necessità del proprio corpo e non ingozzarsi della qualsiasi sarebbe un buon obiettivo alimentare.
•Certe volte, accadono dei fatti imprevisti a persone che conosci e non sai assolutamente cosa fare ne’ come reagire.
Se consideriamo il mio tasso di tolleranza del genere umano e dei suoi difetti, la mia attuale confusione interiore (esteriore, esistenziale, sostanziale, -ale quello che ti pare) e la mia innata inettitudine sociale, si può capire quanto un fatto, accaduto questa settimana, mi abbia colpito.
Al di là della profondità, della complessità dell’animo umano e delle sue manifestazioni impreviste (e mi costa dire questo “al di là” perché non stiamo parlando di bruscolini), quando accade qualcosa a qualcuno che conosco, ho capito che non so cosa fare -e, purtroppo, attraversando la mia fase di mancanza di solidarietà -, anche intuendo cosa sarebbe giusto fare, semplicemente non sento di volerlo fare.
Non sono orgogliosa di me in questo periodo; faccio fatica a mettermi nei panni degli altri e ne ho abbastanza di situazioni che sento non appartenermi e che non voglio facciano parte della mia vita. Mi sto concentrando molto su me stessa perché i miei problemi stanno iniziando a pesarmi e anche se non pretendo l’aiuto di nessuno nel risolverli, ho bisogno di stabilire delle priorità e definire su cosa voglio puntare nel futuro. Pensare di dedicarmi, ora, anche ai problemi degli altri mi sembra troppo, ancora di più quando sembra che non vogliano fare nulla per risolverli (ve l’ho detto: un’egoista!).
Eppure tutto nella vita (a livello sentimentale, sociale-relazionale, professionale) sembra voler dimostrare il contrario di quello che desidero o che sento di credere…
E mi viene il dubbio che rischio di diventare un’egomane, di lasciare il mondo fuori dalla mia persona per incapacità di comprensione e di esercizio di pazienza, di non stabilire mai dei rapporti profondi (i quali, non so perché mi appaiono tutti fondati su una leggerezza che al momento non riesco a esercitare, ma forse manco non mi appartiene).
Così facendo non potrò mai lamentarmi della solitudine -e non va bene mettersi in una posizione della quale non ci si possa lamentare (sennò come le spendo le energie che mi rimangono?).