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foto dalla rete

foto dalla rete

• Questi fighi fighi delle startup, dell’autoimpiego, del “non c’è lavoro, me lo creo io e ve lo racconto così cool che vi sentirete delle nullità e dei perfetti sfigati se continuate a essere disoccupati senza fare una startup innovativa e trend maker” non la raccontano mai tutta.
Il marketing sì, ok. Continuo a far fatica a distinguere tra marketing, paraculismo puro e duro e semplice ipocrisia. E non è per godere degli insuccessi di chi ci prova, è che non mi piace affatto questo modo saccente, compiaciuto e aggressivo di rivolgersi agli altri, tra cui quasi tutti potenziali clienti. Cioè da quando l’umiltà, l’empatia e il tatto sono out?Mi tratti da idiota? Beh, falla prosperare da solo la tua startup, va’.

• L’aeroporto delle East Midlands è una sòla totale. Anzi no, è l’aeroporto di Barbie.

• Quando aspetti una risposta via email per risolvere un problema, non importa il tempo che ci mette quell’email ad arrivare, è sempre troppo. Le newsletter inutili, lo spam e le email fuffa però sempre in orario, eh?

•Restringere la visione di parte delle mie foto di facebook è stata una genialata.
Perché l’idea che “qualcuno” possa vederle, che possa mettervi un like e commentarle è comune a molte (ma anche molti) di noi. Cancellare dagli amici è estremo, o lo fai con chi non hai mai avuto un minimo di rapporto, ma se limito la visione delle foto ai soggetti che appaiono nella foto… Una genialata! E poi mi tolgo di dosso quella sensazione di pubblicare foto per suscitare qualcosa negli altri anche perché le pubblico perché è il modo più veloce per farle arrivare a chi è ritratto.

•Avere degli amici veri serve a tirare su la propria autostima.
Il rincorrere persone che non ne vogliono sapere di te o quelle che sono così indaffarate da non trovare il tempo per scambiare due parole, non aiuta affatto ad avere una buona idea di se stessi. Bisogna proprio scremare tra la gente che si conosce e scegliere quelli che dimostrano di voler avere a che fare con te -e poi bisogna viziare i veri amici: a qualcuno dovrò pur dare l’amore che covo da secoli, no?

 •Non si ripeta, nella storia dell’umanità, l’errore grossolano di mettere Jane Austen in mano agli americani.
Austenland è un’elaborazione sperimentale (agghiacciante) rispetto ai temi e alla letteratura della Austen -inoltre l’idea di dare alle parole della Austen (si fa per dire) quel accento tipicamente emtivuiano è forse un po’ fuori luogo, non dite?
Inutile dire che ciò non mi ha comunque trattenuto dal portarne a termine la visione.