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(della serie “quando un post ti si arena tra le bozze per troppo tempo, cestinalo!” beh, no. Questo l’avrò scritto un mesetto fa, non ha molto senso, ma di buttarlo via non ho voglia e non intendo nemmeno tenerlo tra le bozze finché sarà troppo vecchio per essere pubblicato. Vale?)

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foto di Martin Parr, 1974

foto di Martin Parr, 1974

Queste considerazioni non le pubblico nelle cose apprese settimanalmente perché la mia tendenza a guardare la tv per tutto il giorno mi è nota ormai da tanto. Dai tempi delle vacanze scolastiche circa, finiti i tempi della sveglia e dei compiti, potevo occupare intere giornate passando con una precisione teutonica da un canale all’altro, da un cartone a un telefilm (anche repliche, eh! Non faccio di queste discriminazioni), con una disinvoltura da professionista (sempre teutonica).
Basta quindi un televisore qualsiasi per assorbirmi completamente in momenti di vita tranquilla (ma anche non tranquilla). Evidentemente non bastava questa tendenza a ridurre le mie ore di vita vera, quelle di lettura (sob) e quelle di attività celebrale, no perché da qualche tempo a casa è arrivato il televisore nuovo e con esso una serie di nuovi canali. Il più deleterio tra questi, è , ve lo dico, mettete a letto i bambini, ve lo sto per dire, ecco, ve lo dico: Real Time. Prima dell’arrivo del nuovo televisore, Real Time era un’entità vaga e sconosciuta, ora è la mia compagna di vita, una compagna di vita colorata, prevedibile, ripetitiva e anglosassoneggiante. Real Time ha una serie di programmi leggeri quanto basta per creare dipendenza. La mia fortuna è il non approfondire quale sia l’effettiva programmazione del canale, altrimenti, come fa per ogni ossessione, la mia memoria si risveglia e incamera tutti gli orari dei miei programmi preferiti e addio mondo, proprio!

Allora, per la sottoscritta, i programmi più deleteri sono:
Non ditelo alla sposa _che poi manco fa parte di real time -ecco a voi come mandare in vacca un’introduzione sudata, ma non ho mai avuto la pretesa di essere una persona precisa e poi non mi va di scrivere un altro post su questo programma. Dicevamo: Non ditelo alla sposa. A-DO-RO. C’è da dire che preferisco la versione inglese a quella italiana anche perché -senza mettermi a smanettare per verificare la mia sensazione -credo che gli sposi abbiano a disposizione una cifra che permette meno lussi di quella italiana. Trovo che sia interessante -da non dormirci la notte, via! -come alcuni, con la stessa cifra di partenza riescano a fare un ricevimento in agriturismo, menu di carne alla brace, vestiti in saldo, addio al celibato e al nubilato micragnosi e fiori minimal mentre altri riescono a mettere insieme un ricevimento principesco, vestiti sfarzosi, fiori come se cadessero e addi alla singletudine di due giorni in albergo alle terme -(!!!) e ve lo dice una i cui genitori predicono che sposerà uno scozzese (noto popolo taccagno) col quale, con due stipendi da dipendenti, tirerà su palazzine su palazzine facendo impazzire quelli del fisco _e sì, è un periodo schifosamente lungo e illegalmente scorretto, ma cosa dire… Vale?
Sepolti in casa: una scoperta sensazionale, ragazzi! Questi di real time mi conoscono meglio di quanto io conosca me stessa. Fino alla scoperta di questo programma, ignoravo l’esistenza di una sindrome che portasse a riempire casa di oggetti anche del tutto inutili, avendo poi estrema difficoltà a liberarsene, fare ordine e riappropriarsi dello spazio che serve anche solo a spostarsi. Ora, dire che sono affascinata da questa realtà pare brutto. Certo, non è che sapere che c’è qualcuno che ne soffre desti la mia curiosità; quello che trovo interessante è cercare di capire quali paure o quali bisogni portino a questo comportamento, cosa rappresenti, per chi è affetto da questa tendenza, l’enormità di oggetti di cui si circonda. E poi sì, a me gli ammucchiamenti (ossantocielo!) di oggetti (chiaro?!) mi affascinano, penso che potrei svuotare le case di queste persone a gratis, pur di dare uno sguardo a tutto quello che hanno accumulato nel tempo.
Che poi, a pensarci bene, e ricordandomi  lo studio di mio nonno, oddio, forse un sepolto in casa lo posso vantare anche io in famiglia, anche se la sua compulsione all’accumulo di libri e suppellettili di cartoleria si restringeva a una sola camera piccola e buia.
Grassi contro magri. Credo che la cosa che mi porta a voler vedere le vite degli altri -anche se attraverso lo spettro della tv -sia che tendo a considerare il mio mondo come la normalità, e me stessa come una misura piuttosto standard del mondo (tendenza piuttosto diffusa, no?). E, invece, a guardare le vite, le abitudini e i problemi degli altri ci si rende conto della diversità che ci può essere nelle diete, nel vestirsi (AH!), nel modo di affrontare le proprie paure e di vivere la quotidianità. Allora, in questo programma si vedono persone con abitudini alimentari estreme e le si presenta in modo (credo) volutamente superficiale -i reali problemi delle persone non vengono sviscerati davanti alle telecamere, anche perché sono molto personali.
C’è chi fa colazione con un piattone di cibo cinese da asporto avanzato dalla sera prima (nella mia personale lista “cose da fare prima di tirare le cuoia”) e chi in tutta la giornata mangia la bellezza di un litro di tè e un pacchetto di patatine. Pur non avendo fino ad ora avuto problemi alimentari, mi identifico più facilmente con i sovrappeso che con i sottopeso, l’abbondanza mi dà sicurezza, è inutile.
E poi c’è il Dottor Jensen: un figo, ma un figo… Il prototipo del figo figoso -che poi è pure gay e si sa cosa vuol dire, no? Figo al quadrato, proprio.
Vestito da sposa cercasi. Sono donna quindi non posso manco fare finta di non capire, però, in effetti, mettendomi in modalità razionale, quando sento dire a ogni sacrosanta sposa che non vuole un vestito come gli altri, a me scatta lo “tzé” automatico. A’ bella, è inutile che dici ‘sta banalità se il 99% della produzione mondiale di abiti da sposa si concentra su vestiti senza spalline né maniche, corpetto aderente e vestito avvitato e lungo -le differenze stanno nelle applicazioni (fiori? cristalli? pizzi? fiocchi? piume?) ma non nella sostanza (colore, forma, stile), chiaro?
E comunque sì, il programma insiste su un desiderio che parte dall’infanzia di quasi tutte le bambine e si risolve solo dopo il matrimonio (spero): il vestito da sposa -no, manco il principe che ci si sposa, quanto il vestito che sposarlo potrà permetterci di indossare… Anche perché: perché sposarsi altrimenti? Amore? Dite?! Bah, sarà l’ultimo trend della stagione…
Il re del cioccolato: si potrebbe dire che lo guardo anche solo per vedere scorrere il cioccolato fuso nelle forme, ma poi anche no -cioè, non solo. Lo guardo perché è caruccio. E perché un corso in cioccolateria renderebbe sexy anche un troglodita. E perché ho un conto in sospeso con un pasticcere da circa vent’anni (se i pasticceri svizzero-tedeschi sanno essere rompi, una bambina di cinque anni, anche una volta cresciuta, sa essere più pain the the neck) e sogno che qualcuno mi aiuti to get over it… Volontari? Knam?
Shopping night. Quelli di real time hanno capito che le scene che più tirano nei film sono quelle di shopping (per le donne, e quelle di nudo per gli uomini), e io ci sto dentro con tutte le scarpe. A me, durante quelle scene di shopping, le endorfine mi ballano il twist. L’idea di poter avere tutto un centro commerciale a mia disposizione senza dover tirare fuori la carta di credito a fine scelta mi inebria -senza motivo, dato che non sono io a usufruire di questa possibilità, ma vabbe’. E poi sì, vorrei essere come loro, i due presentatori secchi (sì, secchi!) e fashion aware (sì, per dare credibilità a qualsiasi delirio modistico mi prenda).

Comunque, se non avete capito nulla di quello che ho detto, non vi preoccupate: vuol dire che siete sani ;-)

… e mi si perdoni l’uso di inglesismi scemi :-D Sorry.